Alfano a Renzi: "Si impegni nel governo o è crisi". Italicum, primo sì dell'aula, ma l'iter rallenta

La legge elettorale tornerà alla Camera l'11 febbraio. Le pregiudiziali di costituzionalità presentate dai gruppi di minoranza oggi sono state respinte con scrutinio segreto. Fallito il tentativo di bocciare la riforma da parte di 25 deputati "franchi tiratori" che si sono espressi in dissenso rispetto al proprio gruppo. Renzi: "Bene, ora avanti così". Le opposizioni avevano anche chiesto che il voto di ieri in commissione fosse ripetuto: no della Boldrini, la Lega boicotta il voto. M5S abbandona la seduta


ROMA
- Angelino Alfano rompe gli indugi e si rivolge apertamente a Matteo Renzi, spronandolo a partecipare attivamente all'esecutivo con suoi ministri, pena la crisi. "Noi crediamo che con un contratto di governo si possano realizzare un bel pò di cose positive per il 2014 e per farlo occorre che Renzi sia protagonista della nuova fase del governo - dice il vicepremier a Radio Uno- se lui non lo è, non crediamo si possa andare avanti. Il Pd dica
con chiarezza qual è la strategia". E annuncia che Ncd in Aula darà battaglia sulle preferenze.

Intanto tra polemiche, accordi contrastati, ingiurie, insulti e spintoni, l'Italicum approda nell'aula di Montecitorio per essere sottoposto all'esame della Camera. Poi supera lo scoglio delle pregiudiziali di costituzionalità e prosegue il proprio iter, sicuramente non facile, verso l'approvazione: il prossimo appuntamento è stato fissato per l'11 febbraio. Ma nonostante la maggioranza alla fine abbia mostrato di aver tenuto, nel voto segreto sulle pregiudiziali di costituzionalità spuntano poco più di 20 franchi tiratori. Già, perché tabulati alla mano, sono tra i 21 e i 30 i deputati che, nel segreto dell'urna, hanno votato per bocciare la legge elettorale, in dissenso rispetto al proprio gruppo. Matteo Renzi, segretario del Pd, ha subito commentato: "Bene, abbiamo tenuto, ora avanti, si fa". E più avanti su Twitter ha scritto:


La Lega per protesta contro la maggioranza fa sapere di non voler partecipare alle votazioni di oggi. La novità la rende nota il deputato Giancarlo Giorgetti in solidarietà con Cristian Invernizzi (entrambi del Carroccio), "cui ieri è stato impedito di votare in commissione". Per stigmatizzare quanto accaduto, la Lega dice: "Non siamo in Corea del Nord". In risposta, la presidente della Camera, Laura Boldrini, dice che "del tema si occuperà l'ufficio di presidenza". Proprio stamani, infatti, la Lega aveva chiesto che la presidenza della Camera facesse ripetere il voto di ieri in commissione sul mandato al relatore sulla legge elettorale. Alla richiesta, presentata da Massimiliano Fedriga del Carroccio, si erano associati anche M5S, Fdi e Sel. Contrario alla ripetizione il Pd.

La Boldrini respinge la richiesta, non formalizzata, di far tornare in commissione la legge elettorale per la bagarre di ieri durante la votazione: "Il presidente della commissione, Francesco Paolo Sisto, ha attestato la regolarità del voto - è stata la spiegazione -. Se c'è una proposta di rinvio in commissione fatela e la mettiamo ai voti", ha detto rivolgendosi ai gruppi di opposizione che avevano sollevato la questione della regolarità. "Quanto alla corretteza, per me fa fede quanto ha detto il presidente. Lui ha attestato la presenza dei deputati e la regolarità del voto", ha insistito.

In netto dissenso con la bocciatura della richiesta, i deputati M5S abbandonano l'aula: "Non saremo mai complici di questo ennesimo scempio", dice Giuseppe Brescia. Dal canto suo, la presidente Boldrini si è detta "dispiaciuta". Ad abbandonare l'aula, poco dopo, anche Fratelli d'Italia.

Contestualmente, con un'unica votazione a scrutinio segreto, l'aula respinge le pregiudiziali di costituzionalità presentate dall'opposizione (e subito dopo respinge pure, con voto palese, la pregiudiziale di merito presentata dai grillini). Ciò significa che nel primo voto d'aula la maggioranza ha comunque 'tenuto' sull'accordo Pd-Fi e sottoscritto in commissione anche da Ncd: lo spettro dei 101 franchi tiratori che lo scorso anno fecero implodere la candidatura di Romano Prodi al Colle non ha mai smesso di generare tensione tra i democratici. Le pregiudiziali di Sel-M5S-FdI sono state bocciate a voto segreto con 351 no, 154 sì e 5 astensioni. Nel voto seguente, palese, la pregiudiziale di merito del M5S è stata respinta con 377 no, 120 sì e 14 astensioni.

Il partito di Angelino Alfano comunque, attraverso il capogruppo a Montecitorio, Enrico Costa, aveva chiesto che il testo non fosse "blindato". Le pregiudiziali delle opposizioni sono state votate anche dal Centro democratico, alleato con il Pd. Scelta civica, pur non votando i documenti delle opposizioni, ha mosso alcuni rilievi all'Italicum. Ma Renato balduzzi, in dissenso dal gruppo Sc, si è astenuto. Per assistere al primo voto in aula sulla legge elettorale c'era il governo al gran completo, tranne il premier Enrico Letta. Tra i ministri, da segnalare la presenza di Alfano.

A seguire, si è riunita la conferenza dei capigruppo, la quale ha deciso che l'esame della riforma della legge elettorale riprenderà in aula l'11 febbraio. Il capogruppo del Pd, Roberto Speranza, aveva chiesto che la discussione ripartisse già martedì prossimo 4 febbraio, ma ha trovato nella capigruppo soltanto la sponda di Forza Italia, con Renato Brunetta. Mancando quindi la maggioranza qualificata, la decisione è stata rimessa - a quanto si è appreso - alla presidente Boldrini che ha fissato la ripresa per la seconda settimana di febbraio. Boldrini ha poi stabilito che il contingentamento dei tempi non sia così stringente: 22 le ore fissate per il dibattito e la votazione. E' stato inoltre triplicato il numero degli emendamenti che i gruppi potranno segnalare e che dovranno essere depositati entro 24 ore prima dell'inizio dell'esame, dunque il 10 febbraio.

Ieri, infatti, la commissione Affari costituzionali della Camera ha approvato il testo della nuova legge elettorale che spazzerà via il Porcellum. Ma è un testo 'vecchio' quello che approda in aula, frutto dell'accordo iniziale tra Renzi e Silvio Berlusconi, senza le modifiche concordate mercoledì tra i due. Quelle modifiche, infatti, saranno discusse e votate direttamente in aula. Il primo obiettivo. comunque sia, è raggiunto: Renzi, segretario del Pd, porta a casa la tempistica promessa (entro fine gennaio il testo a Montecitorio). E subito rilancia: da qui al 15 febbraio presenterà un "testo condiviso per superare il Senato e chiarire i poteri delle Regioni", ovvero le riforme costituzionali che dovranno procedere in parallelo con la riforma del voto.
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